sabato 30 novembre 2013

A poco a poco...ma tanto tanto

Come siamo bravi tutti a dare consigli, a metterci sul pulpito e predicare, a dire "si fa cosi e si fa colà", a dire agli altri che stanno sbagliando tutto e non hanno capito niente.

Bravi, siamo proprio bravi.

Io, poi, sono bravissima a dare consigli.

Un vero genio.

Soprattutto, sensibile, empatica.
Ho fatto un corso di psicologia da Crepet!
Ho la sensibilità di un cucchiaino!

Però ho delle buone giustificazioni, ottime direi.
Io grido, urlo, sbraito, vaneggio ma a fin di bene, perchè io so cosa è meglio per te, io so cosa devi fare per stare bene, per andare oltre, per superare le difficoltà, per accettare il cambiamento.

Io lo so.

E come faccio a saperlo? ci sono passata, forse?
No.
Sono solo una presuntuosa.
Ecco cosa sono.

Questo è il mio mea culpa pubblico.

Per chiederti scusa:
per l'arroganza, per l'aggressività, per il dottorato in saccenza  e presunzione.

Per dirti che, da oggi in poi, come prima sarò sempre al tuo fianco ma, diversamente da prima, aprirò la bocca solo se saprò dire qualcosa che potrà farti stare meglio.
Perchè tu sai benissimo cosa è meglio per te, cosa dovresti fare per stare meglio, lo sai molto più di me, perchè è la tua vita , non la mia.

Ma ognuno ha i suoi tempi, e tu hai i tuoi.

So quanto sei forte e so che ce la farai, so che tornerai a essere la persona che eri.
Anzi, migliore, perchè ogni difficoltà superata ci rende più forti.

Nel frattempo, io sarò al tuo fianco: una spalla su cui piangere, la compagnia per sbronzarsi, sfogarsi, non pensare.
Ci sarò.

Perchè non mi perderei per nessun motivo al mondo il momento in cui ritornerai a vivere!

La giornata perfetta

Sabato.
Temperatura mite (per l'inverno belga) : 7 gradi, ad maiora.
SOLE !!!
No, dico, c'è il sole !!!

Potremmo uscire, San Nicolà è in piazza, saluta i bimbi, getta i bonbon, la pista di ghiaccio è aperta e il pupo vuole provare a pattinare.
Il suo papà potrebbe stare un pò con lui e io andarmene in giro per negozi a vedere gli altri fare shopping e non avere l'assillo del tempo ( alle 12 bisogna prendere il pupo a scuola, alle 6 i negozi chiudono, alle 5 cominciano già a guardarti male se varchi la soglia... ).

Una giornata perfetta !

Nei miei sogni.

Perchè il pupo piccolo ha una tosse con catarro secco che lo fa scuotere come un albero in preda ad un uragano.
E il pupo grande ha la febbre.
Ha passato una nottata infernale ( e dunque pure io ), non riusciva a dormire, aveva freddo, mal di testa, mal di gola e chissà cos'altro.
Verso le 5 l'ho sentito muoversi ( più del solito ) e l'ho visto andare in bagno a prendere pillole, spray per la gola, borsa dell'acqua calda...
Si è agitato ancora per un pò e poi è svenuto, dal sonno!
Adesso dormono ( e si contagiano ) insieme, i pupi, perchè il piccolo mi ha chiamata un'ora fa ed è venuto nel lettone.

Possiamo sprecare in casa una giornata cosi bella che non ritornerà sicuramente più fino a maggio ???
Quasi quasi mò me la svigno...

Considerato che loro sono nella stanza da letto, dovrei uscire in pigiama, però magari nessuno se ne accorgerà se metto su quel piumino big size che odio ( comprato in un momento di aberrazione mentale e sotto le pressante tensione psicologica di Cassandra, cioè mia mamma: " compralo, compralo, che sono sti piumini corti che ti lasciano scoperta la schiena appena ti pieghi un attimo? poi dici che ti fa male qua e ti fa male là! comprati questo lungo. Che poi, c'hai un'età, mica puoi andare girando come una quindicenne, ti devi vestire da donna ". Aggiungerei che ha cominciato a farmi questo discorso quando ho compiuto 18 anni !!! ).

Del resto, non è cosi che gli inglesi vanno al supermercato il sabato, in pigiama ?
La mia coinquilina a Londra ( vera londinese ) faceva esattamente cosi: pigiama, gli Ugg ai piedi (sorta di doposci da città, orribili), giubbino di pelle e, senza neanche lavarsi la faccia, usciva.

Dunque, se lo faceva lei...

mercoledì 27 novembre 2013

Decadenza

Non posso credere ai miei occhi: in tv la diretta delle dichiarazioni sulla decadenza di mr B. di quei farabutti che ci governano.

Parlava una di Forza Italia, non so chi fosse e non voglio saperlo ma stranamente non era vestita da velina.
Alla fine del suo intervento, che doveva essere appassionato a giudicare dalla espressioni della sua faccia di cxxxo ( non ho sentito neanche una parola perchè ho tolto l'audio ), tutti a complimentarsi, stringere mani, pacche sulle spalle, qualcuna di sicuro sarà finita per sbaglio anche su una chiappa, tutti a congratularsi per il discorso.

No, dico, sono caduti tutti nel cestino della droga?
Loro se la cantano e loro se la suonano?

Non me ne frega niente se B. decade o no, vorrei che gli italiani si svegliassero e prendessero a calci nel culo lui e tutti quelli come lui, che stanno a destra e a sinistra e hanno rovinato il MIO Paese.
Perchè la sua decadenza non cambierà niente se non seguirà un cambiamento nella coscienza degli italiani, e nelle urne quando vanno a votare.

E poi basta con queste dichiarazioni vergognose e con questa diretta.

Ridatemi Private Practice!

martedì 26 novembre 2013

Troooppo triste

Ora capisco perchè le donne ingrassano quando sono tristi.
Perchè non ci sediamo a tavola a mangiare ( siamo troppo tristi ), non cuciniamo nemmeno ( siamo troooppo tristi ), però poi, a metà pomeriggio, ci strafoghiamo di cioccolata, biscotti, torta, bignè alla crema e pane e Nutella.

Voi no?
Io si, eccome.

Cédric oggi, dopo una mattinata terribile, e non sto qui a spiegare il perchè che ancora mi devo riprendere, si è seduto a tavola come se niente fosse.
E siccome io non avevo cucinato ( perchè ero troppo triste ), lui si è fatto un piattazzo di pasta da 200 gr , con le acciughe e mezzo kg di formaggio grattugiato ( ci avrebbe messo dentro volentieri anche tutto il resto del frigorifero, data la sua scarsa conoscenza degli abbinamenti che si fanno con la pasta, ma andava di fretta ).
Poi, come se niente fosse, se n'è tornato a lavoro lasciandomi a casa con un moccioso ancora nervoso dopo la crisi isterica mattutina, apparentemente inspiegabile ( la spiegazione che voleva restare ancora nel supermercato a fare la spesa non mi ha del tutto convinta ), e, per di più, senza cioccolata nè Nutella.

Sono finita!

Che ci sono andata a fare al supermercato?

Ieri ho fatto un ciambellone bicolore, ma non è la stessa cosa.
Vuoi mettere il sapore di un quadratino ( dopo l'altro ) di cioccolata fondente al 70% ?
O, meglio, di un bel cucchiaio ( dopo l'altro ) di Nutella?

La Nutella fa male?

La tristezza pure, indebolisce il sistema immunitario!

Mò vedo se al supermercato qui vicino consegnano la spesa a domicilio.

Nutella: barattolo da 800 gr, per non farsi cogliere mai impreparati.
Cioccolata fondente: almeno 3 tavolette.
Pan di Stelle: qui venduti a peso d'oro, 1 euro a stella!
Più tutto il necessario per prepararmi la mia torta di consolazione, la Torta cioccolato con crema al cioccolato e glassa al cioccolato!

Sono certa che poi mi sentirò meglio.
Grassa, ma felice.

sabato 23 novembre 2013

Anonimo

Avrei dovuto scrivere questo blog in forma anonima, sarei stata più libera di dire tutto, ma proprio tutto quello che mi va!

Potrei farlo comunque, voglio dire, scrivere quello che mi passa per la testa, e fregarmene del giudizio di chi legge.

Ma ci sono troppe persone che soffrirebbero dello sputtanamento generale, e sono persone che amo e non voglio che stiano male per questo.
Anche perchè sono già al corrente di ciò che penso, ma leggerlo anche su internet mi pare eccessivo.

Ma resto dell'idea che sarebbe molto più liberatorio per me.

Per esempio in serate come questa, dove mi hanno fatto cosi incazzare che mi è passata la fame ( non è grave ) e pure il sonno (questo è un pò più grave ).

Perchè è vero che ho imparato a lasciar andare, a prendermela meno per ciò che non è cosi importante o comunque non merita di esserlo ma è pur vero che non sono mica una santa e certe volte i miei buoni propositi zen vanno a farsi fottere.
Devo fare progressi, migliorare, diventare "superiore" a questa gente piccola piccola.
E ignorare la nuvola che cerca di oscurare il mo cielo.
E se proprio non ci riesco, prenderla a calci in culo ( metaforicamente, è chiaro ) non può farmi che bene!

mercoledì 20 novembre 2013

La stronza magra

Non so perchè l'ispirazione mi viene la sera quando sono nel letto.
Invece di dormire, oltre a fare la LISTA, come tutte le donne, mi vengono in mente riflessioni profonde.
Come quella di stanotte.

Mi sarei potuta alzare, scendere giù in soggiorno, mettermi sul divano, accendere questo catorcio di pc e scrivere ma, in casa nostra, dove normalmente di giorno ci sono 450° Fahrenheit, di notte, per la legge del contrappasso, la temperatura precipita sotto zero e, se ti azzardi a mettere il piede fuori dal piumone, diventa un ghiacciolo.
Anche i pinguini di peluche di mio figlio dormono col pigiama!

Comunque, non so da quale volo pindarico stanotte ha preso il via questa riflessione: ci facciamo in 4 per sembrare giovani, per essere sempre attraenti, truccoparrucco in ordine, l'abito giusto che maschera i difetti, il contorno occhi che riduce borse e occhiaie ( si, come no ), ginnastica, pilates, yoga, footing.
Ce la mettiamo proprio tutta. Beh, quasi.
E ne siamo fiere.

Poi arriva a casa l' amico singlexscelta ( ma stavolta mi sa che ha cambiato idea ) con la sua fidanzata del momento, una che sarà nata nel 1993, quindi già figlia di una generazione che, rispetto alla mia, ha subito mutazioni genetiche che l'hanno migliorata.
Alta, con i capelli biondo-Carrà bellissimi, 130 denti bianco cocaina, un sorriso perfetto che non ha mai visto un dentista (beata lei), ovviamente magra ma con le curve al posto giusto, due tette da paura, addominali scolpiti ( presumo, dall'abbigliamento che evidenzia senza nascondere, perchè non c'è niente da nascondere ).

E tu la guardi e pensi: porca miseria, io all'età sua mettevo i vestiti di due taglie più grandi ( perchè quella era la moda ), ero complessatissima, preoccupata per tutto (avevo preoccupazioni di larghe vedute), con i capelli indomabili e la mia magrezza non era un pregio, soprattutto considerando che ogni maschio sulla terra l'associava alla pressochè totale assenza di tette!

Allora pensi: sarà ALMENO antipatica e con il quoziente intellettivo di un pacchetto di cracker, del genere tette forti-pensiero debole.

Invece poi apre la bocca e scopri che, guarda un pò, è pure simpatica, e dolce, e molto intelligente, parla correttamente inglese, francese, spagnolo, arabo e un pò di italiano, studia, lavora, fa sport, si diverte, va in vacanza, è generosa, altruista, pasticciona, divertente.
Ed è anche ricca.
( Questo non lo ha detto ma mi aspetto che lo sia, essendo figlia di un diplomatico.)

E' perfetta.

Ai miei occhi è perfetta.
E anche a quelli di tutto l'universo maschile che le ruota (sicuramente) intorno.

Allora io mi domando: ma perchè mi devo affannare tanto per cercare di sembrare quella che non sono?
Voglio dire, il tempo passa, non posso mica fermarlo.

Una volta pensavo che non avrei voluto mai invecchiare, avrei voluto che il mio corpo restasse sempre lo stesso.
E quando sono rimasta incinta, superato il primo choc, il secondo è stato assistere al mio corpo che cambiava.
Chi dice che le donne incinta sono sexy deve essere uno che ama i Barbapapà!

Per mesi mi sono spalmata di olio di mandorle, andavo in giro unta come una benedetta dal Signore, tutto x scongiurare la comparsa di antiestetiche smagliature.
Non me n'è venuta neanche una, ma probabilmente è stata solo fortuna.

Però il mio corpo non è più quello di prima.
Il mio ombelico piatto, che mi piaceva un sacco, è morto, e con lui pure la tartaruga che lo circondava!
Non sono grassa, nonostante le schifezze che mangio, ma non sono più neanche come quando avevo 20 anni!
Anzi, è tutto diverso.

Nonostante ciò, penso ancora che lo sport e una sana alimentazione possano fare la differenza, è la pigrizia che mi frega!
A me, che non stavo mai ferma!
Incredibile.
Ma so che è un momento!
E' questo freddo malefico che mi paralizza !!! ( oggi è prevista la prima nevicata della stagione. Magari si sbagliano. Si. Magari !!!)
Io sono sempre stata, in qualsiasi comitiva mi trovassi, " quella stronza magra ", dove l'aggettivo " stronza " era dettato chiaramente dall'invidia!
Adesso, alle mie amiche stronze ( ma stronze davvero ), non gli sembra vero di potermi dire: " AH, vedi che non ce li hai più gli addominali scolpiti ? è inutile che ti sforzi, non è perchè non ti alleni come prima " ( 5 giorni su 7 in palestra, sempre in giro a piedi e in bici).

<< Beh, veramente mi sento un pò gonfia, mangio male e bevo peggio, sarà per questo. >>
" No, non ci pensare neanche, è perchè ti avvicini ai 40, cara. "

Quindi non ho chance!
Il rilassamento muscolare è indipendente dalla mia buona volontà, non ho speranze, soccomberò in poco tempo.

I capelli bianchi?
" AH! eccoli che spuntano ! "

Veramente io conosco donne che si fanno la tinta (e non per piacere estetico ma x decenza) da quando avevano 30 anni.
I miei primi e unici due capelli bianchi mi sono cresciuti un anno fa. Li ho tirati, sfidando gli anatemi di chi dice che ogni volta che tiri un capello bianco, te ne spuntano altri 200 (vorrei conoscere le motivazioni scient ifiche che stanno alla base di questa teoria ), e ogni tanto, mi rispuntano. Sempre due!
Quindi la tinta per ora è rimandata !

" Non ti fare illusioni, un mese o due e vedrai, comincerai anche tu con questa schiavitù " (risata di scherno sullo sfondo ).
Conosco donne senza figli, e anche senza marito, che passano tutto il loro tempo libero in palestra, vanno dal parrucchiere ogni sabato, dall'estetista 3 volte al mese, fanno massaggi, dieta, ginnastica.
E poi escono a rimorchiare.
Vorrei dire a queste donne, che sono certa hanno anche il dono dell'intelligenza, di coltivarlo un pò di più, magari.
Perchè anche se riescono a mantenere il fisico di una ventenne, vale sempre il noto detto " dietro liceo, davanti museo " !
A meno che non facciano passaggi frequenti anche dal chirurgo plastico!

In fondo, avere 40 anni, e 50, 60 e oltre, non sarà poi cosi male!
Il male è quando ci si vuole mettere in competizione con delle ragazzine, perchè lì è inutile consolarsi con frasi tipo " si, la voglio vedere tra 20 anni ".

Intanto i 20 anni ce li hanno loro, noi li abbiamo già avuti.
E' ora di goderci i 40!

ps. Post queste foto per le mie amiche "stronze" (e anche per un amico, e lui sa che mi riferisco a lui !!!)
Tò, e cosa sarà mai quella? una tartaruga resuscitata?
ahahahahah


sabato 9 novembre 2013

Bimby

Mesi fa la mia amicasorella Kety ha comprato il Bimby, noto robot da cucina che non necessita di presentazione.
Ne ha tessuto le lodi per una settimana ( " fa tutto da solo, puoi fare il ragù, le torte, le salse, persino le cotolette. E ci mette cinque minuti. Dovresti comprarlo anche tu." ), forse nell'illusione di convincere qualcuno di noi amici all'acquisto, chissà perchè poi !

Alla fine ha desistito, non ha retto allo sfottò generale.

Troppo costoso?
Ma no, quanto costerà, 1000 euro?
"Però fa tutto".
E che ci vuole, in 500 comode rate te lo sei pagato!!!

Oggi mia mamma è stata a casa di una vicina dalle 4 alle 7 del pomeriggio.
C'era la presentazione del Bimby.
E' tornata a casa con la testa roteante di ricette.

E la mia rutilante di battute sarcastiche!
Non lo sanno che la devono invitare solo alla presentazione della pillola sostitutiva dei pasti di una intera settimana?

Mia nonna non l'avrebbe mai comprato.
Se fa tutto lui, tu cosa ci stai a fare davanti ai fornelli ????

A proposito di cucina, domani abbiamo ospiti.
Degli ospiti magnifici ! Due chef, fidanzati.
Ma chefchef, hanno un ristorante ad Anversa !!!
Buonissimo, tra l'altro!

Domani sera vengono qui e rimangono a dormire perchè lunedi devono prendere un volo da Charleroi in orario antelucano e da qui l'aereoporto dista solo 20 minuti.

Non so se per gentilezza, per sdebitarsi dell'ospitalità o per deformazione professionale ma cucineranno loro.
E portano anche la spesa.

Questi si che sono ospiti !!!!!
Altro che Bimby !!!

venerdì 8 novembre 2013

Notte brava

Dopo una mattinata impegnativa a scuola, un pomeriggio a giocare a palla/tennis/baseball con Sophia e a fare "volavola" con il suo padrino Thomas ( www.thomasdedorlodot.com ), Andrea si é addormentato alle 20 sul divano!

L'ho messo nel suo lettino e pregustavo una seraticchia in relax: cena sul divano, copertina, torta al cioccolato, commedia romantica in tv.
Anche perchè Cédric è uscito per prendere parte ad una serata con cocktail di benvenuto, eventi, workshop, conferenze con tema "grafica", dunque il suo campo.

Mentre ero li a scegliere il film, lo sento rientrare: saranno state le 9.
La serata si era fermata al cocktail di benvenuto che, nel suo caso, ha significato champagne a digiuno, mooolto champagne e mooolto digiuno.
Appena arrivato ha voluto mangiare qualcosa, cercando di stroncare l'ubriacatura sul nascere.
A giudicare dal tono di voce e anche dal contenuto (irripetibile) di ciò che blaterava, il tentativo è stato vano.
Alla fine si è sdraiato sul divano, addio film romantico, addio seraticchia in solitudine.

Ha continuato a farneticare fino a quando non abbiamo sentito Andrea piangere disperatamente.
Mi sono precipitata nella sua stanzetta ( solo io, ovviamente ) ed era li che piangeva e farneticava ( pure lui ) di brutti sogni, e voglia di bere e dolori assortiti.
Ho cercato di calmarlo portandolo nel lettone ma lui ha deciso che voleva dormire sul divano, da solo, o al massimo con me ma non con il padre.
Gli è venuta una crisi isterica !!!!
Questo non ha minimamente turbato la serenità di Cédric che ha colto la palla al balzo e mi ha detto " Eh, vuole te, io me ne vado a letto ".

E buonanotte.

Risultato?
Lui dorme nel letto, da solo, e russa pure.
Andrea si è finalmente calmato e si è addormentato ma è ancora in quella fase tra sonno e veglia quindi preferisco aspettare un altro pò prima di prendermi questi 13/15 kg sulle spalle e portarlo nel suo letto.

Io non ho più sonno.

Ma sarà meglio che vada a dormire anche io, mi attende un weekend psicologicamente molto impegnativo.

Cercherò di prenderla con spirito.
Mi drogherò con il limoncello!

lunedì 4 novembre 2013

10 km

Ieri camminata nei boschi con i miei uomini!
10 km in mezzo ai colori dell'autunno belga, meraviglioso!



Mi sono meritata la mia razione quotidiana di cioccolata !!!



sabato 2 novembre 2013

Andrea Cisternino

Andrea Cisternino è un fotografo di moda e costume ma, soprattutto, è un amante degli animali.
E quando dico "amante" voglio dire una persona che li ama, tutti, sempre, incondizionatamente, e che per salvargli la vita, combatte ogni giorno.
E non è una metafora.

Vive in Ucraina, è sposato, lavora come fotografo ed è rappresentato dalla galleria d'arte Brucies Collection di Kiev.

"Da quando ha scoperto cosa succedeva nelle strade di Kiev, ma anche in altre città Ucraine, ha iniziato a documentare di cosa è capace l’uomo: cani avvelenati, uccisi a fucilate, narcotizzati e gettati vivi in fosse comuni. Andrea si è chiesto quale colpa potessero avere. La risposta: sono randagi e nella società “civile” per loro non c’è posto."

Nel 2012 si sono svolti gli Europei di calcio in Ucraina; occorreva mostrare al mondo un Paese "pulito", non certo pieno di randagi che affollano le strade.
Invece di risolvere il problema alla radice, partendo da sterilizzazioni di massa e costruzioni di oasi canine dove accogliere questi randagi e permettergli di vivere una vita dignitosa seppur priva dell'amore di una famiglia, le istituzioni hanno pensato ad una risoluzione più rapida del problema: lo sterminio di massa.
Non ufficiale, sia chiaro. Ma il risultato è lo stesso.

I dog hunters torturano, avvelenano, uccidono questi poveri cani con i metodi più brutali che si possano immaginare.
Riprendono le loro "bravate" con video e foto che vengono pubblicate sui loro siti; intervengono in programmi televisivi, minacciano di morte i volontari che cercano di salvare i cani e, nonostante tutto ciò, nessuna azione legale è stata intrapresa contro di loro.
Nessuna, da parte di nessuna istituzione.

Solo Andrea, e i volontari che in lui hanno trovato una guida e il coraggio, lotta contro questa gente di merda, fa appelli che spesso purtroppo cadono nel vuoto (leggi: Platini, Comitato Europei di calcio, on. Brambilla e molti altri ), promuove azioni legali, raccoglie fondi per costruire rifugi per i pochi superstiti, tiene conferenze in Ucraina e all'estero (anche in Italia) per sensibilizzare l'opinione pubblica al problema, cerca di apparire più spesso che può davanti ai riflettori televisivi (per esempio, Striscia la Notizia) per divulgare quello che sta accadendo nella civilissima Europa , sotto gli occhi di tutti.

Rischia la vita Andrea, e con lui i volontari. Sono stati più volte minacciati di morte dai dog hunters, anche in diretta televisiva.

Adesso, grazie all'aiuto di alcuni volontari italiani, sta costituendo la sede italiana dell'associazione, in modo da poter raccogliere fondi e avere una maggiore visibilità.

Triste ammettere che le altre organizzazioni animaliste italiane sono completamente assenti in questa vicenda, come se aiutare gli animali in difficoltà avesse dei limiti territoriali.
O è questione di soldi???

Il progetto di Andrea prevede la realizzazione dell'oasi Rifugio Italia, un canile gestito da volontari come lui, dove i cani possano vivere tranquilli, e ricevere le cure ( e magari anche l'amore) che non hanno mai avuto.
E soprattutto, possano SOPRAVVIVERE.

E' necessario costruire al più presto questo rifugio (i lavori sono già iniziati e il loro avanzamento è subordinato alle condizioni meteo e ai soldi per pagare i lavoratori).

Lo so che c'è la crisi e tutto il resto però si possono donare anche piccole somme che non ci cambiano la vita ( con 5 euro in meno saremmo più poveri?) ma che , insieme a tutte le altre, possono fare la differenza per questi poveri animali.

Partorire a Roma nel 2013

Mi sveglio euforica in evidente stato di alterazione. Trentasei settimane e due giorni,  anche se sono trascorsi quasi undici anni è la seconda gravidanza, ho imparato a riconoscere il succedersi di ormoni, quello che sta circolando nel corpo introduce nuova energia. Ne approfitto. Faccio la spesa riempiendo la casa di desideri, metto in ordine più del necessario, organizzo tutto come se dovessi assentarmi all’improvviso; mancano quattro settimane alla data presunta del parto, non c’è fretta, eppure l’istinto mi immerge nell’azione.

Nel pomeriggio percepisco primi segnali di cedimento, verso sera le contrazioni aumentano, vorrei resistere ancora, a mia figlia non sfugge nulla: «Se non chiami il ginecologo lo faccio io». Così alle ventuno mi ritrovo al Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I collegata al monitoraggio. La dottoressa di turno non ha dubbi sul ricovero immediato. Entro in reparto, mi affaccio in una sala dove medici e infermieri stanno guardando un concerto in televisione, farfugliano distrattamente che non ci sono posti disponibili. Mi somministrano flebo per ridurre le contrazioni su una barella nell’anticamera della sala parto. Con me ci sono quattro donne. La delicata cinesina dopo poche ore se ne va per dare alla luce il suo sesto bambino. Con le altre trascorro tutta la notte: una signora sicura di sé, una giovanissima ragazza avvolta nel chador che parla solo arabo (entrambe in procinto di partorire); una donna che piange disperata, ha perso per l’ennesima volta il suo bambino in uno stadio molto avanzato, al mattino partorirà un corpo senza vita. Avrebbe necessità di protezione, conforto, assistenza psicologica, so che in molte strutture questo accade. Pura crudeltà lasciarla abbandonata tra l’attesa di vagiti che un giorno non la chiameranno mamma.
La ragazza araba ha un disturbo al cuore, deve seguire una serie di accortezze tra cui la completa immobilità, le spiega in romanesco l’infermiera, lei non capisce, digita un numero e porge il cellulare sorridendo, ha bisogno che le si traduca la situazione. «A Naima, te pare che me devo pure mette a parla’ al telefono», borbottando se ne va lasciandoci sole.
Ci confortiamo tra noi fino all’alba, protette da una quieta solidarietà sostenuta dagli sguardi. Poi Naima si alza per inginocchiarsi verso La Mecca.

Alle otto del mattino mi attaccano nuovamente a un monitoraggio. Calma piatta, nessuna segnalazione, le contrazioni le percepisco sempre più forti, la macchina non le registra e nessuno mi crede. Pratico e insegno yoga, riesco a tenere sotto controllo il dolore con una certa disinvoltura, ma sento che la situazione peggiora. «A casa, a casa!» ripetono tre medici diversi che si susseguono, ne arriveranno altri a dire la stessa frase nell’arco delle ore in cui mi rifiuto di muovermi. E la tentazione ad andarsene è forte, basterebbe solo il pensiero della spesa golosa, considerando che ormai sono ventiquattro ore che non mangio (e quando sono incinta ho sempre fame), di più che non mi lavo e non mi cambio. Però ho imparato a conoscermi e ad ascoltare i segnali, quindi resisto alle tentazioni e mi impunto nel restare cercando di spiegare a questi signori che non sono pazza.

Mantengo nel verbalizzare e nel rispondere una calma integrale: «Capisco che capitino donne con falsi allarmi, in preda al panico, vi assicuro che non è il mio caso». Sguardi ironici, «lei non si comporta come una che sta in travaglio». Certo, dovrei urlare e contorcermi, invece di ripetere regolari respiri lunghi e profondi cercando con determinazione nella mente pensieri felici. «Lo so, è una mia caratteristica, poi la meditazione, il pranayama…», all’improvviso capisco che insistere con questa versione di me non fa altro che renderli ancora più scettici e beffardi. Sono l’esatto contrario di un’invasata new age, nell’approfondire le discipline orientali mantengo un approccio scientifico, detesto le verità preconfezionate, questi dettagli non interessano i medici, continuano a ripetere «a casa, a casa!»  senza prestarmi alcuna attenzione.

Quando comincio a temere che mi buttino fuori di forza, decido che - anche se mi dà il voltastomaco ricorrere ai sistemi tipici dell’italietta del nonsachisonoio - è arrivato il momento di riferire che ho anche un’altra identità, magari più seria per i loro occhi; mi sono occupata di inchieste (e di malasanità), scrivo, studio forme di resistenza verso gli inganni del sistema mediatico.
Questo mi fa guadagnare un minimo di credibilità e quindi ancora un po’ di tempo, ma sono pur sempre una donna in preda agli ormoni, quindi dal punto di vista maschile un’isterica delirante.
Quando anche le forze per discutere mi stanno abbandonando, sopraggiunge un angelo con le sembianze di anziana ostetrica attirata dal trambusto, «quella è la macchina rotta!», esclama, «non fa contatto, proviamo a metterci lo scotch». Si fa silenzio intorno. L’imbarazzo paralizza gli sguardi. Un’infermiera improvvisa un collegamento con il nastro adesivo, a quel punto, placida ma decisa, esigo che mi attacchino a un altro monitoraggio. Una nuova macchina si materializza in un baleno e subito disegna potenti contrazioni.

Il mio parto all’improvviso diventa urgente. E se avessi obbedito all’ordine perentorio di lasciare l’ospedale cosa avremmo rischiato io e il mio bambino? Avrei fatto mezz’ora di macchina e quattro piani di scale a piedi (non ho l’ascensore), il collo dell’utero era serrato (resterà così anche dopo il parto, impenetrabile da una cannula di due millimetri, figuriamoci da un bambino!) quindi il blocco della via d’uscita rendeva impossibile un rocambolesco parto naturale come nei film. E se al mio posto ci fosse stata una donna più fiduciosa verso i medici che verso le proprie sensazioni? Non è assurdo consegnarsi completamente alle macchine? Se per qualche ragione falliscono è possibile che un medico non sia in grado di ascoltare, di andare oltre l’apparenza, di effettuare una diagnosi appropriata?

Vengo portata subito in sala operatoria, manca il tempo per sbrigare le norme sanitarie di prassi. Non c’è un bagno da poter adoperare, durante la notte ci eravamo tutte arrangiate usando quello dentro la sala parto pieno di sangue, violando privacy e igiene. 
Allontano dalla mente l’indignazione e cerco di concentrarmi solo sulla nascita di mio figlio, determinata a rendere con l’amore quegli istanti incantati.
L’azzurro dei teli di carta in cui mi avvolgono gli infermieri lo trasformo in uno spazio di cielo, stringo in una mano un piccolo Ganesh, ripeto nella mente un mantra di benvenuto. Cerco di accogliere tutto positivamente, persino la ragazza che non trova il punto esatto per iniettare l’epidurale continuando ad infliggermi inutili e dolorosi buchi sulla colonna vertebrale, ha il diritto di imparare. «Lei ha la schiena troppo magra». Al quinto vano tentativo invoco timidamente l’intervento dell’anestesista.
Poi inizio a respirare dolcemente sostenuta dall’ossigeno che mi conduce in atmosfere alpine. Il primo vagito di Lorenzo è l’essenza stessa della vita.  18.28: gli occhi di mio figlio sono meravigliosi e mi fissano attenti, me lo lasciano solo pochi secondi. I pediatri che lo visitano dicono che sta benissimo, mi rilasso e non vedo l’ora di iniziare ad allattare, immagino di dover aspettare che il taglio venga ricucito, non ci vorrà molto. Qualcuno accende la radio, nella sala operatoria si diffondono le note di Generale «tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore».  Per me e mio figlio non sarà subito così.

Conosco l’importanza dell’attaccare il prima possibile il bambino al seno e del tenerlo vicino, accoccolato tra le braccia della mamma. Alle 19 sono pronta, mi parcheggiano in corridoio, dicendomi che ancora non ci sono letti disponibili e che non possono portarmi il bambino finché non sarò sistemata. Mi abbandonano così fino all’una di notte. Solo allora, dopo numerose proteste, finalmente mi portano in una stanza. Non si effettuano dimissioni notturne, come mi confermerà la mia compagna di camera quel posto era pronto dal primo pomeriggio, non darmelo è stata una negligenza come tante altre. A questo punto è tardi e l’ostetrica non vuole portare il bambino, «è inutile, tanto non si attacca al seno», riesco a convincerla e Lorenzo, come natura vuole, inizia a ciucciare. Un’altra ostetrica lo prende  per le visite del mattino, tornando lo lascia nella culla, io sono completamente distesa e non riesco ancora ad alzarmi sola, il cesareo disconnette gli addominali, le chiedo la cortesia di aiutarmi, risposta raggelante: «io porto solo i bambini», volta le spalle lasciandomi allibita di fronte a tanta immotivata scortesia. Guardo mio figlio impotente. La manovella per alzare il letto è irraggiungibile, provo a forzare sulle braccia, non ce la faccio. Dovrò aspettare l’orario delle visite per ricevere assistenza.   

Molti disagi sono causati dalla recente introduzione del roaming, sembra che il Policlinico fosse l’unico ospedale romano ancora privo di questo servizio. Ottima iniziativa, tuttavia prima di effettuare modifiche sarebbe meglio attivare un’organizzazione e avvertire le mamme di quello che può servire, noi eravamo sprovviste di tutto. Nella lista del necessario da portare c’erano solo vestitini vari, le ostetriche ci fornivano i pannolini, niente creme, salviette, niente acqua calda in bagno, niente fasciatolo. Abbiamo tutte improvvisato un cambio sul letto, aiutandoci reciprocamente e scambiando il necessario che i mariti chiamati in soccorso hanno cominciato a portarci.

Nel frattempo stavo male, dolori insopportabili, da urlare, e sono la stessa donna che ha affrontato il travaglio sorridendo e respirando. Ero gonfia, non canalizzavo in nessun modo. Per l’utero serrato i medici moltiplicavano le dosi di Metergin, ma non sortiva alcun effetto se non quello di aumentare ancora di più le fitte atroci. Anche l’intestino era bloccato, quindi ancora non potevo mangiare, nel frattempo mi avevano sospeso il nutrimento via flebo. Ero distrutta, chiedevo aiuto, le uniche davvero presenti che hanno cercato in ogni modo di soccorrermi sono state alcune meravigliose specializzande. All’assenza replicata dei professori ben stipendiati si contrapponeva la presenza continua di queste ragazze piene di buona volontà, di desiderio di imparare, di rendersi utili, di ascoltare i pazienti. Le ho viste andare avanti anche per tre turni di seguito senza perdere freschezza e gentilezza nei modi; chissà se riusciranno mai a essere assunte, a ricevere un meritato stipendio, a prendere finalmente il posto di luminari troppo impegnati nelle cliniche di lusso per essere al loro posto di lavoro nell’ospedale pubblico. 

È grazie a queste ragazze che ho evitato complicazioni peggiori, hanno agito appena gli ho spiegato che per la mia particolare conformazione dell’utero era risolutivo solo un intervento meccanico, mentre i farmaci peggioravano i dolori. Il problema l’ho del tutto risolto in un ambulatorio privato nei giorni successivi, con quattro diversi interventi, ma la prontezza delle specializzande ha evitato il rischio di un’infezione. Auguro loro di riuscire a defenestrare chi gli sta rubando il futuro continuando a esercitare contemporaneamente in ospedale, clinica e studio. L’ingordigia di alcuni è una delle cause della crisi del nostro desolato Paese. Il livello di disoccupazione è ai massimi storici ed è ancora più amareggiante subire la trascuratezza di chi un lavoro ce l’ha.  

Mi hanno lasciata digiuna per mancanza di comunicazione tra i medici e mensa. Avere un brodino a quanto pare era impossibile. I medici ripetevano che avevo necessità di liquidi, dimenticandosi di segnarlo sulla cartella clinica. La seconda sera finisce l’acqua da bere in tutto l’ospedale per tornare il mattino seguente dopo le undici. Assetata ho avuto l’ardire di chiedere un secondo the a colazione e un’altra bustina di zucchero, mi sono stati negati. La mancanza di liquidi ha penalizzato la produzione di latte e il peso del mio piccolo, che in dimissioni era decisamente al di sotto del normale calo fisiologico. Una volta fuori le ho provate tutte, purtroppo non c’è stata altra strada che la temuta aggiunta. Le multinazionali del latte si insinuano negli ospedali e nei consigli dei pediatri, riescono con abile terrorismo occulto a far vacillare in un momento delicato anche le donne più consapevoli.

Per un’appassionata della Lega del latte, Maria Montessori e Françoise Dolto, è stato frustrante veder contravvenire le minime regole di attenzione verso i bambini. Dove andavano i piccoli quando non erano con le mamme? In una piccola stanza con luci a neon sempre accese, medici e infermieri si riunivano e lavoravano al computer, neonati mangiavano, altri venivano cambiati o visitati. Tutto questo in circa 25 metri quadri.
Anche in camera illuminazione a soffitto accecante, possibile che non ci sia un’azienda disposta a donare una fornitura di lampade da tavolo per il reparto maternità del Policlinico? Anche brutte, vecchie, fuori produzione, che diano la possibilità ai neonati di ricevere una luce soffusa e non abbagliante. Bagno disgustosamente sporco lasciato nell’incuria, solo alla parte centrale dei pavimenti una signora dedicava trenta secondi giornalieri con un vecchio straccio dal colore inquietante. Niente acqua calda.

Compresa la situazione i parenti hanno iniziato a portare: necessario per il cambio, disinfettanti, garze, cerotti, bottiglie di acqua, the, zucchero, alcuni farmaci consigliati dai medici ma non disponibili in ospedale. Mancano i soldi per i minimi bisogni del reparto maternità di uno dei principali ospedali della Capitale, ce ne sono in abbondanza per acquistare F-35. La politica della morte sconfigge quella della vita.

Intervistai Tiziano Terzani per il mio libro Regaliamoci la pace: «I valori su cui possiamo metterci d’accordo non sono quelli scritti nei libri, non appartengono a nessuna biblioteca, vivono nel cuore di ognuno. Sono i più semplici. Esiste forse una civiltà che odia i bambini? È comune fare i bambini e amarli. Allora mettiamoci d’accordo: tu non ammazzi mio figlio, io non ammazzo il tuo. Se vogliamo scriviamolo pure, ma non ce ne sarebbe bisogno, questi sono valori di tutti». Sono trascorsi dieci anni, parole che sembravano inequivocabili ora non lo sono più.  
Quando mi dimettono ricevo un appuntamento da lì a due giorni: lunedì alle 10 visita pediatrica di Lorenzo, sembra obbligatoria e gratuita, scoprirò che non è così. Come scoprirò che è stato dato appuntamento a 25 bambini alla medesima ora. Ritrovo tutte le mamme compagne di avventura, in particolare sono felice di rivedere Alessandra, donna piena di energia dal sorriso intelligente, continua indignata a scattare foto a quella assurda folla di neonati in attesa. Lavora al Policlinico, è medico anestesista, il suo bimbo ha l’ittero: «Sono costretta a tornare qui tutti giorni per la terapia, ogni volta resto ore ad aspettare, da domani proverò a cercare un altro ospedale per mio figlio, qui è diventato impossibile lavorare e curarsi». Nel reparto Ostetricia, Ginecologia, Perinatologia e Puericoltura del Policlinico nella mancanza di riguardo sono democratici, non concedono favoritismi a una collega, nessuna eccezione: tutti i bambini con 6 giorni di vita ammassati in un corridoio dove si soffoca e non ci sono sedie. Finalmente compare una dottoressa ma è solo per urlarci contro con un’aggressività preoccupante che lì non possiamo allattare, è vietato. La ignoro e continuo a tenere mio figlio al seno. Alle tre del pomeriggio riusciamo ad andarcene, 5 ore di attesa per una visita a pagamento che è durata esattamente 6 minuti e mezzo.
Ho digerito l’esperienza pensando a tutte le donne che partoriscono davvero in situazioni estreme in troppi luoghi del mondo, ma come ha detto un mio meraviglioso amico volontario di Emergency: «Almeno con amore intorno».
Prima anche sul peggiore degli ospedali italiani si sentiva spesso affermare che comunque il reparto maternità funzionava bene. C’è stato un tempo in cui il nostro Paese amava i bambini, quel tempo è finito.

Federica Morrone