domenica 13 settembre 2020

L'ultima volta

Quando si hanno figli piccoli si ricordano sempre le loro prime volte: la prima pappa, la prima volta che hanno gattonato, i primi passi, la prima volta senza braccioli al mare...Non si fa mai caso alle ultime volte. Ci si pensa dopo, quando ci si rende conto di come crescono in fretta. L'ultima poppata, l'ultima volta che hanno avuto bisogno della tua mano per camminare, l'ultima volta nel passeggino, l'ultima volta che ti hanno chiamata nel cuore della notte per accompagnarli a fare pipi. Loro crescono e noi siamo felici per un po' di libertà ritrovata e orgogliose di vederli diventare autonomi. Siamo anche un po malinconiche per la fine di un tempo che non tornerà più.

Ma, se si è fortunate, dopo le ultime ci saranno tante prime volte di cose nuove che porteranno con loro entusiasmo e forse apprensione.

Ci sono cose che invece non ci saranno mai più e bisogna solo accettare che sia cosi.

Come si fa? Non lo so.

La malattia di una persona cara strazia il cuore, te lo fa a brandelli fino a quando ti illudi di non sentire più dolore, tutto quello che speri è che finisca presto perché non puoi più sopportare che la persona che ami soffra in quel modo. Poi finalmente finisce e forse ci si aggrappa alla ragione, o a chissà cosa, per rassegnarsi a quella mancanza. Si dice a voce alta che non poteva continuare cosi, che almeno adesso non soffre più e ci illudiamo di soffrire di meno anche noi. Non è cosi, lo sappiamo ma mentiamo comunque. A noi stessi.

Ma quando una persona cara al nostro cuore viene a mancare improvvisamente, quando fino a ieri era li con noi a parlare ridere scherzare discutere litigare fare pace, insomma vivere, e oggi non c'è più, la vita sembra non avere più significato. O forse sembra averne uno che ci sfugge nella quotidianità. 

Bisognerebbe avere il tempo, sempre, di dire addio alle persone. Di chiedere scusa e perdonare, di non portare rancore, di non rimandare. Di parlare parlare e parlare perché non sappiamo cosa succederà domani.

Lei aveva un amore incondizionato per le sue sorelle, sembra una cosa scontata ma non lo è. E per il suo compagno, del quale si prendeva cura in ogni piccola cosa. Da qualche tempo aveva difficoltà a trovare lavoro, non voleva farsi sfruttare, farsi mettere i piedi in testa per 8 h di lavoro al giorno senza contratto, diritti e dignità. Molti la criticavano, le dicevano che doveva accettare perché c'è solo questo. Lei non l'ha fatto, ha discusso, spiegato, anche litigato ma ha messo davanti a tutto la sua dignità e io l'ho sempre sostenuta per questo. Ne abbiamo parlato talmente tante volte.

Ma, pur sentendosi dalla parte della ragione, la sua almeno, si sentiva giudicata dagli altri, anche a volte da chi avrebbe dovuto amarla senza riserve. Sentiva di valere meno degli altri perché non portava a casa uno stipendio. Invece lo era, era molto amata.  Perché ha sempre dato tutta se stessa. Ai suoi genitori, alle sue sorelle, a lui, alle amiche. Anche a me, ai miei figli che adorava pur vedendoli cosi raramente. Si faceva bastare le foto e i video che le inviavo regolarmente con la promessa di vederci e finalmente riabbracciarci al mio prossimo ritorno a casa.

Quest'estate non è stato possibile, siamo rimasti in Francia. E allora l'estate scorsa è stato il nostro ultimo incontro, la nostra ultima volta. Non lo sapevamo. E non ci sarà una nuova prima volta. Questa consapevolezza mi spezza il cuore.

Ciao Roberta 💖